Ma se questo accade è perché è presente un corretto senso di adattamento che non è mancanza di rispetto per la memoria del defunto, ma spinta a vivere una nuova vita. Accettando la realtà, si abbandona quella parte di noi che non vuole credere che la persona cara sia morta. In altre parole ammettendo che anche noi (in parte) possiamo morire dichiariamo di essere disposti a cambiare abitudini e comportamenti. La morte è parte della vita ed è inevitabile: riconoscerlo mette forse angoscia, ma permette di superare con meno problemi i momenti in cui risulta difficile dare un senso all’esistenza.
Tra i SINTOMI FISICI, possono manifestarsi dolori corporali (mal di testa e di schiena, nausee, vista confusa), insonnia e perdita dell’appetito, abuso di medicine (o di tabacco e alcol), una maggiore facilità ad ammalarsi, la sensazione di avere sintomi simili a quelli del defunto.
Tra i SINTOMI PSICOLOGICI, l’eventuale stato di depressione successivo al decesso può dar luogo a crisi di pianto, a sensazioni di fatica mentale, di svogliatezza e perdita degli obiettivi della vita. L’ansia può manifestarsi con rabbia e sospetti verso persone e situazioni, o anche con la messa in atto di comportamenti di ricerca dello scomparso.
Da ricerche svolte risulta che la perdita di una persona cara ha in genere conseguenze serie per la salute di chi gli era legato solo se si combinano diverse circostanze negative. Certamente, l’isolamento da parenti e amici e la scarsa abitudine ad adeguarsi alle difficoltà (vedi nelle persone anziane) rappresentano due elementi di rischio. Inoltro, alcune persone possono ancora risentire di perdite passate: in tali casi, siccome la nuova situazione di lutto rischia di riaprire le vecchie ferite, il sostegno di persone fidate può risultare davvero decisivo.